Il "Dante" del dialetto bresciano

 

A volte, ignorando la storia del dialetto, è spontaneo definire ingenuamente Angelo Canossi il Dante bresciano. Seppur l'importanza del poeta non sia discutibile, il principe dei poemi dialettali bresciani è invece la filastrocca in settenari tronchi, la MASSERA DA BE'. Trovata nel 1512 nella villa del conte Martinengo della Pallata a Collebeato da un certo Galeazzo dagli Orzi, a cui è attribuita l'opera, uno dei pochi veri protagonisti della letteratura bresciana che cercò di nascondere la sua fatica dietro il riparo dell'anonimo interposto.

Renzo Bresciani attribuisce all'opera "un valore documentario di grande forza, una suggestione che nasce dalla meticolosità di certe analisi, dalla pignoleria insistita di certe elencazioni". Oltre ai precisi e sovrabbondanti riferimenti gastronomici vi sono brani di sorprendente mordente sociale con la denuncia cruda delle condizioni in cui vivevano i contadini dell'epoca.

Il poema esordisce con questi versi:
Brigada, za za tug
famèi, maseri e pug,
corrì, corrì, corriét
corrì za prestamét,
che voi dì una canzò.